Dentro l’Annunciazione
di Elena Bastianini
I giardini fioriti dell’Angelico
Negli anni 40 del 400 Beato Angelico affrescò con scene della vita di Cristo le celle del Convento domenicano di San Marco dove il frate stesso viveva. Se è vero che le opere d’arte non sono mai chiuse in se stesse, ma piene di rimandi e significati sottesi, osservando quelle di un frate domenicano del Quattrocento scopriremo molto sulla sua fede e sulla sua cultura teologica. In un saggio di Didi Huberman, Figure del Dissimile, viene trovato un filo che lega gli affreschi e altre opere dell’Angelico e che trova senso alla luce della cultura teologica fiorentina del tempo.
L’Annunciazione affrescata da Angelico nel corridoio nord del Convento è ambientata nel portico della casa della Vergine che si affaccia sul giardino. E un giardino in tutto simile viene raffigurato in una cella, dinanzi il sepolcro dove Cristo risorto con una vanga in spalla appare a Maria Maddalena che all’inizio, secondo il Vangelo di Marco, lo scambia per il giardiniere, ovvero il “Christus Hortolanus”, che grazie al suo sacrificio fa rinascere l’Umanità come un giardiniere fa sbocciare il suo giardino. Un giardino fiorito che rimanda quindi a quello dell’Eden perduto dopo il peccato originale, come esplicitato nell’altra Annunciazione dell’Angelico conservata a Madrid, dove stavolta nel giardino di fronte il portico della Vergine sono raffigurati proprio Adamo ed Eva.
D’altronde una lunga tradizione medievale associava la figura di Cristo al fiore, che rinascendo a primavera faceva rinascere l’Umanità dopo il Peccato Originale, come preannunciato nel giardino fiorito della casa della Vergine nel momento dell’Annunciazione.